LA QUESTIONE GIOVANILE ED UNIVERSITARIA IN ITALIA


Ai giorni nostri la questione giovanile nel nostro Paese, osservata da uno straniero, potrebbe riservarci delle critiche da indurci ad una riflessione profonda sui modi e sui tempi di una società, la nostra, oramai da tempo malata e che meriterebbe da parte dei nostri bravi governanti un interessamento forte se si vuole evitare di assistere, nei prossimi decenni, ad un disastro socio-economico e culturale.
Siamo ai fanalini di coda, rispetto alle democrazie occidentali, per quanto riguarda l’inserimento dei giovani nel tessuto sociale ed economico del Paese.
Assisteremo invece se si avrà il coraggio di programmare scelte coraggiose, in tema di politiche giovanili che evidentemente andrebbero a minare, se venissero attuati, gli interessi consolidati di una parte di una società vecchia e reazionaria, ad un ricambio generazionale, da me sempre ventilata come soluzione, che farebbe da linfa vitale per l’intera collettività..

Tornando ad analizzare per un attimo le questione del disagio giovanile del nostro Paese dico che una società che fonda le proprie prerogative sulla conservazione e difesa dei propri interessi acquisiti nel tempo, non intenderà mostrare, per una chiara volontà di cambiare sul serio, una visione progressista e riformatrice.


Se mettessimo da parte gli egoismi di classe e se costituissimo le premesse per una società solidale fra le parti, soprattutto quando i tempi drammatici come questi lo richiedono, allora eviteremo di sentir parlare dell’ Italia come se fosse un paese sud americano.

La forza riformatrice e non vorrà essere un richiamo ideologico al novecento, è appannaggio solamente, per un fatto ovvio, di quella parte di società dinamica composta dai giovani, dagli studenti che con merito e non perché figli di papà e quindi ben inseriti nei posti che contano, sapranno alzare la voce, con forza, dando un contributo attivo e non passivo come succede molto spesso.

E’ calzante l’esempio dell’ Università di Bari con i suoi baroni, piuttosto che i figli dei farmacisti che faranno i farmacisti, i figli dei notai che faranno i notai e tutto si svolgerà in un ottica che se sei figlio di qualcuno farai strada e se sei figlio di operaio continuerai a fare l’operaio. Ed è inutile che un articolo sacrosanto della nostra costituzione ci mette alla pari per il diritto allo studio. Fare l’università costa per un genitore cha ha disposizione stipendi bassissimi, tra i più bassi d’Europa.

Ribadirò all’infinito che un Paese come il nostro, portatore di modernità, dovrà scrollarsi l’appellativo di Nazione vecchia, se intende sopravvivere nelle sfide che contano, in un mondo che sta cambiando pelle e che sta vedendo nella scena economica nuovi attori emergenti quali i paesi come l’ India e la Cina.

E da queste nuove nazioni emergenti, con un prodotto interno lordo galoppante a due cifre, animati da un una volontà di primeggiare che è la stessa che avevamo noi ed è oramai che persa per colpa del troppo benessere, escono dalle Università tecnici, ingegneri, informatici che rappresentano gli attori principali di una economia che ha bisogno di queste figure.

Nel nostro Paese, invece, stiamo assistendo ad uno scenario catastrofico per quanto riguarda la formazione universitaria. Non siamo più capaci di sfornare, come un tempo, tecnici qualificati e ci ostiniamo, anche grazie ad una Riforma importante della scuola che aspettiamo da oramai troppo tempo e che non si ha il coraggio di farla, a formare giovani soltanto per le materie umanistiche.

Con una società così strutturata ed in un contesto sociale moderno dove la tecnologia ha avuto negli ultimi anni un ruolo da protagonista per lo sviluppo di un Paese, non penso che un esercito di neolaureati, in materie umanistiche, possano dare un contributo necessario per creare nuova occupazione e andando quindi a risolvere il problema numero uno che è l’occupazione.

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